Sonia Bruganelli rompe il silenzio su aborto, colpa e rinascita: «Ho imparato a chiedere aiuto»

Sonia Brugi

Sonia Brugi. Fonte foto account ufficiale Instagram @soniabrugi-cittanascostamilano.it

Franco Vallesi

Ottobre 21, 2025

L’ex moglie di Paolo Bonolis racconta la sua vita senza filtri nel libro “Solo quello che rimane”: l’aborto a 24 anni, la malattia della figlia Silvia, i sensi di colpa e l’amore ritrovato con il ballerino Angelo Madonia.

C’è una sincerità disarmante nelle parole di Sonia Bruganelli, che oggi si racconta senza maschere, lontana dall’immagine della donna fredda e distante che per anni il pubblico ha conosciuto solo attraverso i social e la televisione. Nel suo libro autobiografico Solo quello che rimane, edito da Sperling & Kupfer e in uscita il 21 ottobre, la produttrice romana apre le porte del suo passato più doloroso: l’aborto a 24 anni, la malattia della figlia Silvia, i disturbi alimentari, la depressione e infine la rinascita, arrivata con l’amore e con la consapevolezza che la vera forza sta nel mostrarsi fragili.

L’aborto e il senso di colpa mai elaborato

Sonia torna indietro nel tempo, a quando aveva solo 24 anni e da poco era iniziata la sua relazione con Paolo Bonolis. «Ero all’università, lavoravo come modella e mi mantenevo da sola. Quando sono rimasta incinta, speravo che Paolo mi dicesse: “Che bello, questo bambino è il frutto del nostro amore”. Invece, lui non era pronto. E io ho scelto lui, non il bambino», confessa.
Quella decisione, racconta, ha segnato tutto il suo percorso successivo: «Mi sono punita per aver abortito, ho vissuto anni di rabbia e vergogna. Pensavo che la nascita di Silvia fosse la mia punizione».

Verissimo
Verissimo. Fonte foto www.wikipedia.org-cittanascostamilano.it

Sua madre, ricorda, l’aveva messa in guardia: “Se abortisci, dovrai essere forte abbastanza da dimenticare”. Ma dimenticare, per Sonia, non è mai stato possibile. Quel dolore è diventato una ferita silenziosa che ha accompagnato ogni scelta, ogni successo, ogni sorriso ostentato.

La nascita di Silvia e lo shock della disabilità

Quando è nata Silvia, la loro primogenita, Sonia e Paolo si sono trovati davanti a un’altra prova durissima: la bambina è venuta al mondo con una grave cardiopatia congenita e ha subito un’operazione a pochi giorni dalla nascita. L’intervento ha provocato un’ipossia che le ha lasciato conseguenze permanenti.
«Mi sono sentita punita. Pensavo: questa è la conseguenza della mia colpa. Mi sono chiusa in me stessa, non riuscivo a guardare mia figlia senza provare dolore», confessa oggi.

Solo col tempo ha trovato la forza di accettare la realtà: «Un giorno Silvia mi ha vista piangere e mi ha chiesto: “Perché piangi, mamma?”. Ho capito che stavo rendendo la sua vita più difficile con il mio dolore. Da quel momento ho smesso di piangere per lei e ho iniziato a vivere con lei».

Il lusso come maschera del dolore

Negli anni successivi, Sonia Bruganelli è diventata una figura sempre più presente nel mondo dello spettacolo, ma anche spesso criticata per il suo modo diretto e per la sua apparente ostentazione del lusso.
«Il lusso era la mia maschera. Compravo borse, scarpe, vestiti costosi perché mi facevano sentire potente. Ogni oggetto era un modo per dire a me stessa che potevo avere tutto, anche se in realtà quello che volevo era solo la salute di mia figlia. La mia cabina armadio era la mia cartella clinica», racconta con lucidità.

L’immagine della “donna antipatica” era, in realtà, la corazza di una donna ferita. «Preferivo sembrare arrogante piuttosto che fragile. Mi sono creata un personaggio, ma dietro quella corazza c’era solo dolore. Ho creduto che essere forti volesse dire non crollare mai, invece la vera forza è dire “non ce la faccio”».

Gli attacchi di panico, la depressione e la rinascita

La maschera ha iniziato a cedere quando sono arrivati gli attacchi di panico. «Ero in vacanza a New York con Paolo e nostro figlio Davide. All’improvviso ho sentito di non respirare più. Il cuore impazziva. Ero sicura che sarei morta. Poi ho capito: stavo fingendo di essere felice, ma non lo ero».
Gli attacchi sono tornati, accompagnati da disturbi alimentari. «Volevo dimostrare a me stessa che potevo controllare il corpo, perché non riuscivo a controllare la vita».

Il punto di svolta è arrivato grazie ai figli. «Un giorno Davide, che aveva dieci anni, mi ha chiesto: “Mamma, ma tu muori?”. Quelle parole mi hanno salvata. Ho capito che dovevo curarmi per loro, non potevo lasciarli soli».

Da quel momento, Sonia ha intrapreso un percorso di terapia e ha imparato ad accettare la fragilità come parte della vita. «Mi sono fatta aiutare, ho preso farmaci, ho ricominciato a respirare. Oggi non ho paura di ammettere che ho bisogno degli altri».

La fine del matrimonio e l’amore per Angelo Madonia

Dopo anni di alti e bassi, la storia con Paolo Bonolis si è conclusa, ma tra loro resta un affetto profondo. «Viviamo vicini, mangiamo insieme, ci vogliamo bene», racconta Sonia.
Oggi accanto a lei c’è Angelo Madonia, ballerino e coreografo. «È più giovane di me, ma più grande per esperienza. Ha due figlie, ha vissuto tanto e mi capisce. È un amore maturo, fatto di rispetto e serenità».

Nessun rancore, nessuna rivincita: solo la consapevolezza di una donna che ha attraversato il dolore e ne è uscita più vera. «Alla fine, quello che rimane è ciò che impari e che puoi trasmettere ai tuoi figli. Ho capito che la forza non è non cadere mai, ma sapersi rialzare e chiedere aiuto quando serve».