Secondo il dottor José Abellán, il caffè è tra le bevande più salutari, ma il metodo di preparazione può influire sui livelli di colesterolo.
Sul caffè si è detto di tutto: fa bene o male al cuore? Aumenta la pressione? E il decaffeinato è davvero uguale? Domande comuni, spesso accompagnate da risposte approssimative.
A fare chiarezza è José Abellán, cardiologo, che con l’aiuto della scienza prova a smontare falsi miti e spiegare in quali casi questa bevanda può davvero influenzare il colesterolo. La buona notizia è che, in generale, il caffè è uno degli alleati più efficaci per la salute, purché venga consumato nel modo giusto.
Quando il caffè può influenzare il colesterolo
“È vero che il caffè può far aumentare la pressione, ma si tratta di un effetto lieve e temporaneo, che sparisce nel giro di poche ore”, spiega Abellán. “Lo stesso vale per la frequenza cardiaca: può accelerare un po’, ma non rappresenta un rischio per chi è sano.” Gli studi confermano che chi beve caffè regolarmente ha un rischio minore di sviluppare malattie cardiovascolari e che, in soggetti sani, non provoca aritmie pericolose.

Ciò non significa che si possa bere senza criterio. Il medico sottolinea che alcune modalità di preparazione possono effettivamente innalzare i livelli di colesterolo LDL (il cosiddetto colesterolo “cattivo”) e di quello totale. Il motivo? La presenza dei diterpeni, sostanze contenute soprattutto nel caffè espresso e nella french press. Questi composti, se consumati in eccesso, possono interferire con il metabolismo dei grassi, portando a un leggero aumento dei valori nel sangue.
Per chi ha il colesterolo alto, la soluzione non è rinunciare al caffè, ma sceglierlo in modo più consapevole. “Il caffè filtrato è quello con l’effetto più neutro: il filtro trattiene gran parte dei diterpeni, riducendo l’impatto sui lipidi”, spiega il cardiologo. “Aggiungere un po’ di latte può ridurre l’assorbimento degli antiossidanti, ma la differenza è minima: molto dipende dalle quantità.”
Caffè normale o decaffeinato? Ecco le differenze reali
Una delle convinzioni più diffuse è che il caffè decaffeinato sia meno salutare. In realtà, secondo Abellán, “il decaffeinato è una buona alternativa, soprattutto per chi soffre di ipertensione o insonnia. Contiene vitamine, minerali e polifenoli, gli stessi composti benefici del caffè normale, ma con un effetto più lieve”.
La differenza principale sta proprio nella caffeina, sostanza che stimola la concentrazione, migliora la memoria e aiuta a mantenere il cervello attivo. Il decaffeinato, pur mantenendo gran parte dei benefici antiossidanti, ha un effetto energizzante più contenuto. “Il miglior caffè resta quello filtrato, bevuto amaro o con pochissimo zucchero — precisa Abellán —, perché così si massimizzano i vantaggi per cuore e metabolismo.”
Chi preferisce gustarlo con il latte non deve preoccuparsi troppo: l’abbinamento non annulla gli effetti positivi, purché non si esageri con le quantità. In ogni caso, il vero rischio non sta nel caffè in sé, ma nell’abitudine a consumarlo troppo spesso e in modo errato.
Quanti caffè si possono bere al giorno senza rischi
Arriviamo così alla domanda più frequente: quanti caffè si possono bere in sicurezza? Secondo l’esperto, una dose considerata sicura corrisponde a circa 450 milligrammi di caffeina al giorno, equivalenti a quattro o cinque tazzine. Oltre questa soglia, si rischiano insonnia, tachicardia e agitazione.
Ci sono però delle eccezioni. In gravidanza, la quantità dovrebbe essere limitata a 150-200 milligrammi di caffeina al giorno, cioè uno o due caffè al massimo. “La chiave è la moderazione: il caffè è un alleato prezioso, ma solo se consumato con equilibrio e senza eccessi,” conclude Abellán.
In definitiva, il caffè non è nemico del cuore né del colesterolo, ma come spesso accade, è il modo in cui lo si prepara e lo si consuma a fare la differenza. E per chi teme di doverlo eliminare del tutto, il messaggio del cardiologo è chiaro: basta scegliere il giusto equilibrio tra gusto, quantità e consapevolezza.