Continua l’occupazione della sede di Scienze Politiche dell’Università Statale di Milano, in via Conservatorio, iniziata lunedì sera per iniziativa del collettivo Rebelot. Gli attivisti e gli studenti aderenti hanno preso possesso della struttura, bloccando i tre ingressi principali e consentendo l’accesso soltanto a chi partecipa alle assemblee. Nonostante la protesta, le lezioni riprendono regolarmente, ma in modalità da remoto, per garantire la continuità didattica.
Il bar abusivo fa infuriare la Lega
Nelle ultime ore è diventata virale una foto scattata all’interno del cortile occupato, dove è stato allestito un bar abusivo. Sul cartello fuori dal locale compaiono i nomi delle bevande e dei relativi prezzi, tra cui una dal nome provocatorio: “sbirri morti”, venduta a tre euro. L’eurodeputata della Lega Silvia Sardone ha definito la scritta “indecente”, denunciando che simili episodi accadono in un ateneo pubblico in una delle città più importanti d’Italia. Sardone ha chiesto l’intervento della rettrice e delle forze dell’ordine per porre fine all’occupazione.
Anche Valter Mazzetti, segretario generale della Fsp Polizia di Stato, ha commentato duramente l’accaduto: il cartello, ha spiegato, rappresenta “la vergogna dei soliti debosciati che approfittano di ogni occasione per manifestare odio verso chi indossa la divisa e serve le istituzioni italiane”. Secondo Mazzetti, l’iniziativa degli occupanti, giustificata con cause legate alla Palestina, dimostra l’assenza di limiti imposti a certi gruppi nel diffondere messaggi estremi all’interno degli spazi pubblici.
La protesta del collettivo Rebelot alla Statale
Dal canto loro, gli attivisti hanno pubblicato un comunicato in cui collegano la protesta a una mobilitazione nazionale contro la politica del governo italiano e le azioni dello Stato di Israele: “In risposta alla complicità esplicita del governo Meloni con le azioni sioniste, si è scelta la via della repressione, punendo chi manifesta nelle strade e nelle università”, si legge nel testo. Gli studenti sottolineano inoltre il ruolo strategico delle università nel contesto attuale, citando anche i legami con realtà industriali come Leonardo, considerate complici del settore bellico.
Le ragioni dell’occupazione
Il collettivo spiega che l’occupazione serve a creare uno spazio di incontro per discutere i bisogni della comunità accademica e per esprimere solidarietà con la resistenza palestinese. “Blocchiamo l’università per immaginare e costruire un nuovo modo di sapere”, affermano, rivendicando libertà per tutte le persone colpite dalla repressione del movimento di solidarietà con la Palestina e per le attiviste della Flotilla ancora detenute in Israele. Concludono con un messaggio di sostegno diretto: “Gli studenti sanno da che parte stare: Palestina libera dal fiume fino al mare”.